Questo è il primo di due articoli che sono pensati per aiutare un principiante a scegliere uno strumento adatto alle proprie esigenze. Data la frequenza con cui mi sento rivolgere queste domande, ho pensato di far una cosa gradita nel preparare un breve testo che affronti le problematiche di base. Inoltre ne ho dedicato uno al clavicordo in particolare, essendo questo strumento tuttora poco conosciuto.
Non ho la pretesa di esaurire l’argomento, ma spero di aver risposto almeno ai quesiti più frequenti banali e di dare la possibilità agli interessati di chiedere consigli per interrogativi più specifici ed interessanti.
Innanzitutto comincio col chiarire a tutti che, purtroppo o per fortuna, lo strumento universale non esiste: il vostro compito sarà semplicemente quello di scegliere lo strumento più adatto a voi. Dato che nessuno conosce le vostre esigenze meglio di voi, avete ottime basi, ma per rimanere soddisfatti è meglio che partiate dal repertorio che suonate: scegliendo soprattutto in base ad altri criteri, come spazio e prezzo o in base a preferenze arbitrarie, rischiate di fare una scelta meno adatta alle vostre esigenze ed alla vostra crescita musicale.
Siccome oggi gli strumenti a tastiera che si studiano sono essenzialmente tre, prenderò per semplicità in esame tre casi distinti: quello di un pianista, di un cembalista e di un organista. Chiaramente anche così è difficile dare indicazioni che possano calzare a pennello per tutti, ma coprirò almeno le esigenze più comuni.
Se il tuo strumento principale è il pianoforte e per gusto personale sei particolarmente interessato ad approfondire il repertorio di metà e tardo Settecento, l’unico strumento oltre al fortepiano che si presti idiomaticamente a questo tipo di musica è il clavicordo. Si può certo obbiettare che il cembalo rimase in uso ancora a lungo, ma è anche vero che il suo campo di utilizzo si restrinse e che dopo un certo punto fu chiaro che la letteratura per tastiera stava imboccando un’altra strada.
Non considerare un clavicordo qualsiasi: gli strumenti più adatti al repertorio classico sono quelli di fine Settecento. Se anche esistono strumenti a 5 ottave del periodo 1740-1760, verso la fine del XVIII secolo il clavicordo si è adeguato sempre di più al nuovo repertorio, oltre che nell’estensione, anche a livello meccanico e sonoro: tutto questo per te sarà un vantaggio.
Nonostante un clavicordo libero offra per il repertorio tardo effettivamente dei vantaggi, esistono anche clavicordi legati diatonicamente, come quelli di Hubert, ca. 1780, che si prestano a questa musica davvero bene (meglio in realtà di molti clavicordi liberi più antichi) sempre che l’estensione sia adeguata.
Il vantaggio principale che puoi aspettarti da qualsiasi clavicordo rispetto al pianoforte …è che dovrai fare molto più lavoro! Non c’è alcun filtro dovuto alla meccanica: tramite il tasto le tue dita saranno in contatto diretto con le corde e dovrai imparare a controllare la produzione del suono dall’inizio alla fine. La diteggiatura giusta in ogni passaggio assume un ruolo fondamentale e non permette scorciatoie. Se all’inizio forse sarai un po’ indispettito dal doverti sforzare così tanto per ottenere così poco volume sonoro, col tempo ed un po’ di costanza ti sarà chiaro che il controllo e la pulizia che questo strumentino ti avrà imposto, sono preziosi anche per le tue esecuzioni al pianoforte.
Se invece suoni principalmente il cembalo e cerchi uno strumento su cui studiare, ti si presentano ben 3 diverse possibilità: cembalo, virginale-spinetta o clavicordo. Ognuno di questi ha caratteristiche abbastanza diverse, che li rendono più adatti ad alcuni usi che ad altri.
Innanzitutto è naturale che ogni tipo di cembalo sia adatto al repertorio scritto per lui: un cembalo francese si presta bene a Couperin ed un Italiano a Pasquini, ma è altrettanto ovvio che uno studente non può avere 5 cembali diversi in casa ed occorre un po’ di elasticità. In realtà sappiamo che i cembali in epoca storica non di rado venivano importati, come normalmente avviene per i beni di lusso; oltretutto i musicisti stessi viaggiavano anche più degli strumenti. Per questo non vedo ragione di essere eccessivamente puntigliosi riguardo allo stile costruttivo. La qualità è un parametro molto più importante: la mia esperienza è che più lo strumento sarà buono e più musica scoprirai di poterci suonare sopra con piena soddisfazione.
Il primo e più sentito suggerimento pratico è quello di evitare i cembali a due tastiere, a meno che tu non abbia davvero le risorse per poterne acquistare uno di buona qualità: per via del fatto che questi strumenti richiedono necessariamente molto lavoro e materiale, diffida di un “doppio” economico, perché il risparmio potrebbe essere proprio dove non lo avresti voluto. Meglio orientarsi su uno strumento più semplice o rischierai di rimarrai scottato: un cembalo ad una tastiera dall’estensione adeguata si presta comunque alla gran parte del repertorio, con poche eccezioni; in più lo potrai trasportare più facilmente nel caso ti capiti di fare qualche concerto.
Tra i cembali ad un manuale più semplici e versatili ci sono senza dubbio gli Italiani. Il fatto che la loro costruzione di base sia cambiata relativamente poco tra il 1500 ed il 1800 autorizza a pensare che si prestino ragionevolmente bene ad un vasto repertorio. Sono anche strumenti relativamente economici e leggeri da trasportare, che si difendono bene sia nelle parti di cembalo obbligato che nel continuo. Lo stesso strumento può essere costruito “levatore di cassa”, cioè avere pareti sottili e necessitare di una cassa esterna, che “attaccato alla cassa”, cioè avere pareti esterne più spesse. I primi sono di un’eleganza sublime, ma delicati; i secondi sono meno attraenti, ma più pratici. La musica circa fino al 1650 si lascia suonare bene anche con un solo 8’; ma per il repertorio più tardo, vanno considerati almeno due registri di 8’ .
Se non hai spazio per un cembalo, potesti prendere in considerazione un virginale o una spinetta. L’importante è che tu abbia ben presente cosa aspettarti da questi strumenti che, come spiego nell’articolo dedicato, non sono semplicemente cembali di ridotte dimensioni. Il virginale ad esempio è un’ottima scelta per chiunque sia un vero appassionato alla musica del XVI e XVII secolo. Il suono è rotondo e caldo, per nulla inferiore al cembalo: si presta bene sia al repertorio che al continuo perché il volume non manca. Per contro richiede un po’ più di manutenzione, specie se lo si trasporta spesso. Quel che devi sapere è che non si adatta bene al repertorio più tardo, sia a livello sonoro che per via della particolare meccanica. Non pensare che basti munirlo di ottava cromatica: Bach al virginale si lascia suonare solo con fatica.
La classica spinetta ad ala settecentesca, invece, è a livello meccanico più simile ad un cembalo; purtroppo però a livello sonoro può esserne anche più distante rispetto al virginale. Spesso alcune zone dello strumento tendono ad avere una risonanza eccessiva ed un suono cavernoso, ma molto dipende dal modello. In ultima analisi è anche una questione di gusto, ma il mio consiglio resta quello di ascoltare e provare qualche virginale o qualche spinetta dal vivo prima di stabilire se davvero è il tipo di strumento che fa per te: considerato che il costo è simile, spesso un piccolo cembalo potrebbe essere una scelta più versatile come primo strumento.
La terza opzione è quella di prendere in considerazione un clavicordo. La prima fondamentale precisazione da fare è che il clavicordo è a tutti gli effetti un altro strumento rispetto al cembalo. Non sperare quindi di padroneggiarlo la prima volta che ti siederai alla tastiera: ci vorrà del tempo per imparare la tecnica a lui più congeniale, basata sul peso. Ma è proprio questa la buona notizia: quel che imparerai al clavicordo ti renderà un migliore esecutore anche al cembalo. E’ per questo che gli autori del passato lo consideravano fondamentale nell’educazione di un tastierista.
Il clavicordo per il cembalista ha un solo grande svantaggio: non è adatto alle grandi esecuzioni. Ci si può suonare in un ambiente non troppo grande davanti ad un piccolo pubblico ed accompagnare al massimo un flauto o un violino con sordino. Ma più di questo non si può chiedergli, perché il volume è limitato. A parte quest’unico difetto, il clavicordo ha però talmente tanti vantaggi che potrebbe essere lo strumento che fa per te: permette di suonare nelle ore notturne senza disturbare; la manutenzione è quasi nulla; è sufficiente accordarlo 3 o 4 volte all’anno; è più robusto, più economico e richiede meno spazio rispetto ad un cembalo; è facile da trasportare e non ne soffre.
A livello esecutivo è uno strumento che richiede una pulizia estrema ed un’attenzione alla diteggiatura ancora maggiore rispetto al cembalo. Essendo uno strumento raffinato ed espressivo ti incoraggerà a rendere le tue esecuzioni più musicali. In pratica un buon clavicordo legato con poco più di 4 ottave ti permetterà di affrontare gran parte del repertorio cembalistico con profitto.
Se invece il tuo posto è, come nel mio caso, sulla panca dell’organo, la situazione è a mio avviso molto chiara. Salvo gli organi italiani e francesi, i grandi strumenti storici più apprezzati, inclusi Schnitger, Silbermann o Trost, tra molte differenze, hanno in comune una cosa: le tastiere sono dure. Trovarle piacevolmente dure o angosciosamente dure è una questione di abitudine e gusto, ma nell’ottica di una carriera, ti consiglio di imparare ad apprezzarle. Per me la discriminante principale di una meccanica è il controllo sullo strumento ed una certa naturale relazione tra il tocco ed il suono. Son sempre rimasto sorpreso nel constatare come le meccaniche antiche siano spesso azzeccate per entrambi i criteri: in fondo non c’è ragione per aspettarsi che un grande Hauptwerk di 16’ debba suonare leggero come una spinetta ottavina, ma in ogni caso deve restituire la sensazione di controllare il vento con le proprie dita. A ben guardare nemmeno il modo di suonare ne guadagnerebbe da una maggiore leggerezza meccanica, perché la grande massa sonora, unita all’acustica non si presta agli sfoggi di velocità. Quando gli organisti infrangono questa regola, l’esecuzione perde progressivamente chiarezza ed una fuga si trasforma presto in un’opera impressionista.
In ogni caso le meccaniche di un organo storico sono ben distanti dalla sensazione di uno strumento digitale, ma anche da quelle di un piccolo organo da studio o di un cembalo. L’unico strumento a tastiera che davvero insegna ad usare il peso del proprio corpo, che è la chiave per controllare le meccaniche di questi meravigliosi strumenti, è il clavicordo. A costo di andare contro corrente, dirò quindi che il cembalo non è lo strumento migliore su cui studiare la grande letteratura organistica nordica e che l’organo da studio, benché costosissimo, non assicura risultati migliori ad un buon clavicordo. Nonostante a qualcuno questa possa sembrare una teoria strana, se guardiamo nei musei, dalle regioni di origine di questi favolosi organi, a fronte di qualche dozzina di cembali, sono giunti fino a noi diverse centinaia di clavicordi. Se poi consideriamo anche le testimonianze dei trattati, dobbiamo concludere che la maggior parte gli organisti tedeschi studiasse principalmente al clavicordo. Invito a leggere il bel libro del mio maestro Joel Speerstra al riguardo.
Nella pratica il repertorio organistico predilige tonalità più semplici e non richiede un’estensione molto ampia: uno strumento legato diatonicamente con circa 4 ottave è tutto quel che ti servirà. Ma la particolarità della musica organistica sta nell’uso del pedale. Se non si hanno grandi pretese, è possibile collegare una pedaliera anche ad un clavicordo qualsiasi, ma nel lungo periodo la scelta migliore per un organista è considerare anche l’acquisto di un clavicordo indipendente per il pedale. L’effetto di suonare più clavicordi assieme con mani e piedi è davvero piacevole e ricorda un po’ i diversi corpi d’organo; inoltre tramite un registro apposito si può scegliere se suonare coi piedi solo corde di 8’ o se aggiungere anche il 16’. Un clavicordo con il pedale ti permetterà di studiare un’enorme quantità di letteratura organistica, da Scheidemann a Mendelssohn, comodamente a casa propria e con dinamica. A livello musicale guadagnerai una prospettiva completamente nuova anche alcune delle grandi opere per organo che conosci meglio.
Spero di averti dato una panoramica generale sulle varie possibilità ed insieme averti suscitato interesse ad approfondire alcune questioni più specifiche. Io, come ho detto all’inizio, ho preso in considerazione solo i casi più tipici e tu potresti avere esigenze diverse.
L’ultimo consiglio riguarda la qualità: indipendentemente dal tipo e contrariamente alle opinioni che circolano in giro, sono adatti allo studio solo gli strumenti davvero buoni o molto buoni. La ragione risiede nei meccanismi della nostra attenzione: se il nostro oreccchio percepisce il suono come poco interessante o noioso (“monotono” letteralmente significa appunto che “suona sempre uguale”), il nostro cervello presto si disconnette e facciamo sempre più fatica a concentrarci. L’aspetto più dannoso non sta però nelle energie e nel tempo sprecati, ma soprattutto nel fatto che questo tipo di studio, che prescinde dal suono, invece che educare ad un’esecuzione musicalmente soddisfacente, abitua invece agli studenti a quella che è in effetti una sorta di dattilografia altamente specializzata.